“Caramelle di Buone Maniere”

NOI E LO SMARTPHONE

Benvenuti in

“Caramelle di Buone Maniere”,

un’ospitale oasi di gentilezza e buone maniere.

Al giorno d’oggi, la maleducazione e il malcostume sono diventati azioni usuali, quasi giustificate. L’essere incivili e poco educati sembra aver determinato un vero e proprio fascino, soprattutto, tra i più giovani, con i loro turpiloqui e delle cattive maniere una sorta di status symbol. In questo quadro degradante e sconfortante, la riscoperta delle buone maniere diventa una vera necessità, oltre che virtù, da rispolverare ed innalzare: un modo per distinguersi e circondarsi da un’allure di eleganza e raffinatezza, condizione molto più rara e preziosa di tanti tesori. Cercherò di accompagnarvi in questo percorso di riscoperta del galateo, raccogliendo qui per voi il meglio del contenuto dei libri e siti web sull’argomento e delle mie conoscenze personali. Da esteta e amante della perfezione e dell’eleganza. Instradata sin da piccola all’arte delle buone maniere, oggi ne sono cultrice e grande estimatrice.

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E’ un fenomeno relativamente recente quello della diffusione degli smartphone,dei tablet ed, in generale, degli strumenti tecnologici della comunicazione. La popolazione mondiale ne è dotata a tutte le latitudini geografiche, anche laddove le condizioni di vita sono prossime alla sussistenza.

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Lo smartphone da status symbol diventa una estensione di noi stessi, la nostra personalità sarebbe incompleta senza poter comunicare con gli altri, senza poter condividere la nostra vita, per poter essere davvero noi stessi.

Assistiamo dunque ad una rivoluzione della comunicazione, dai nostri figli incollati agli schermi dei loro telefonini in qualsiasi momento della giornata per chattare,twittare,taggare foto su facebook e instagram, ai politici che illustrano i loro provvedimenti, rispondono alle critiche dell’opposizione e dei giornali sui social.

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E’ indiscutibile che ci troviamo in presenza di un profondo cambiamento della società e delle nostre abitudini. Abitudini le quali stravolgono le regole del rispetto altrui e della buona e corretta educazione:non esiste più orario per postare messaggi whatsapp e messenger. Siamo nostro malgrado cooptati nei gruppi di whatsapp, si per utilità, ma anche per l’altrui decisione di metterci a parte di qualsiasi tematica, questione o altro, gli altri ritengano ci debba interessare, ma senza che ci sia chiesto il nostro parere. Questo implica che il suono delle notifiche ci bombardi a tutte le ore del giorno e della notte, quasi sempre per messaggi futili e non pertinenti con l’argomento del gruppo.

Non ci si pone il problema che i telefonini possano essere accesi di notte per ragioni professionali, come può esserlo quello di un medico che deve essere reperibile, o per motivi personali di chi ha dei familiari ammalati o anziani. Il telefonino entra così prepotentemente nella nostra vita senza curarsi della nostra privacy e degli orari, invadendo così il nostro tempo, non più scandito dalle ore che passano, ma dalle notifiche degli innumerevoli messaggi che ci vengono recapitati.

Ma tutto questo è colpa degli utilizzatori di questi mezzi tecnologici. Le barriere degli orari vengono abbattute, il porsi scrupoli come si faceva un tempo, che forse l’ora è troppo tarda e che il o i destinatari dei messaggi possano volere un giusto e meritato stacco, non sfiora nemmeno chi ci tempesta di post. Chiunque sia operativo ritiene scontato che lo debbano essere anche gli altri, senza curarsi dell’eventuale disturbo che può procurare.

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Ma questa sovrabbondanza di comunicazione, per lo più inutile e irrispettosa dell’altrui privacy, genera un’altra distorsione: anche quando le comunicazioni giungono per ragioni professionali, il destinatario della comunicazione non risponde, difficilmente lo fà, se non ripetutamente sollecitato. In effetti, si scrive troppo e quando si comunica per motivi più seri la risposta diventa un opzione. Ciò non è prima di tutto educato per chi invia una comunicazione di lavoro e ha svolto un certo lavoro, e, forse, ha anche riposto delle speranze nel messaggio che ha inviato. Sarebbe, quindi, prima di tutto, educato, ma anche per chiarezza e conferma di corretta ricezione, rispondere.Cerchiamo allora di essere meno invasivi dell’altrui vita ma,soprattutto, impariamo a selezionare le nostre comunicazioni distinguendo ciò che è serio dal faceto.

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Più responsabilità, più consapevolezza di quel che la tecnologia ci mette a disposizione, ma senza cadere nell’abuso e senza perdere di vista che siamo noi a governare le nostre vite nel rispetto degli altri.

L’educazione, che resta la base della convivenza civile, impone che rimaniamo noi padroni della tecnologia e che non sia essa a comandare noi.